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to: effetto dico, in quanto che tutto ha dependenza da
lui. Oltre sicome la nostra imaginazione è potente di
procedere in infinito imaginando sempre grandezza
dimensionale oltra grandezza, e numero oltra nume-
ro, secondo certa successione e (come se dice) in po-
tenzia, cossì si deve intendere che Dio attualmente in-
tende infinita dimensione et infinito numero. E da
questo intendere séguita la possibilità con la conve-
nienza et oportunità che ponemo essere: dove, come
la potenza attiva è infinita, cossì (per necessaria con-
seguenza) il soggetto di tal potenza è infinito; perché
(come altre volte abbiamo dimostrato) il posser fare
pone il posser esser fatto, il dimensionativo pone il di-
mensionabile, il dimensionante pone il dimensionato.
Giongi a questo che come realmente si trovano corpi
dimensionati finiti, cossì l intelletto primo intende
corpo e dimensione. Se lo intende, non meno lo in-
tende infinito; se lo intende infinito, et il corpo è inte-
so infinito, necessariamente tal specie intelligibile è; e
per esser produtta da tale intelletto, quale è il divino,
è realissima: e talmente reale, che ha più necessario
essere che quello che attualmente è avanti gli nostri
occhi sensitivi. Quando (se ben consideri) aviene, che
come veramente è uno individuo infinito simplicissi-
mo, cossì sia uno amplissimo dimensionale infinito il
quale sia in quello, e nel quale sia quello, al modo con
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Letteratura italiana Einaudi
Giordano Bruno - De l infinito, universo e mondi
cui lui è nel tutto, et il tutto è in lui. Appresso se per
la qualità corporale veggiamo che un corpo ha poten-
za di aumentarsi in infinito; come si vede nel fuoco il
quale (come ognun concede) si amplificarebe in infi-
nito, se si gli avicinasse materia et esca: qual raggion
vuole che il fuoco, che può essere infinito e può esser
per conseguenza fatto infinito, non possa attualmente
trovarsi infinito? Certo non so come possiamo fenge-
re nella materia essere qualche cosa in potenza passi-
va, che non sia in potenza attiva nell efficiente: e per
conseguenza in atto, anzi l istesso atto. Certo il dire
che lo infinito è in potenza, et in certa successione e
non in atto, necessariamente apporta seco che la po-
tenza attiva possa ponere questo in atto successivo e
non in atto compito: perché l infinito non può essere
compito; onde seguitarebe ancora che la prima causa
non ha potenza attiva semplice, absoluta et una: ma
una potenza attiva a cui risponde la possibilità infinita
successiva, et un altra a cui responde la possibilità in-
distinta da l atto. Lascio che essendo terminato il
mondo, e non essendo modo di imaginare come una
cosa corporea venga circonferenzialmente a finirsi ad
una cosa incorporea, sarebe questo mondo in potenza
e facultà di svanirsi et annullarsi: perché (per quanto
comprendemo) tutti corpi sono dissolubili. Lascio di-
co che non sarebe raggion che tolga che tal volta l ina-
ne infinito (benché non si possa capire di potenza at-
tiva) debba assorbire questo mondo come un nulla.
Lascio che il luogo, spacio et inane ha similitudine
con la materia, se pur non è la materia istessa: come
forse non senza caggione tal volta par che voglia Pla-
tone, e tutti quelli che definiscono il luogo come certo
spacio. Ora se la materia ha il suo appetito, il quale
non deve essere in vano, perché tale appetito è della
natura e procede da l ordine della prima natura, biso-
gna che il loco, il spacio, l inane abbiano cotale appe-
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Letteratura italiana Einaudi
Giordano Bruno - De l infinito, universo e mondi
tito. Lascio che (come è stato di sopra accennato) nes-
sun di questi che dice il mondo terminato, dopo aver
affirmato il termine, sa in modo alcuno fingere come
quello sia; et insieme insieme alcun di questi negando
il vacuo et inane con le proposte e paroli, con l esecu-
zione poi et effetto viene a ponerlo necessariamente.
Se è vacuo et inane, è certo capace di ricevere; e que-
sto non si può in modo alcuno negare: atteso che per
tal raggione medesima per la quale è stimato impossi-
bile che nel spacio dove è questo mondo, insieme in-
sieme si trove contenuto un altro mondo, deve esser
detto possibile che nel spacio fuor di questo mondo,
o in quel niente (se cossì dir vuole Aristotele quello
che non vuol dir vacuo), possa essere contenuto. La
raggione per la quale lui dice dui corpi non possere
essere insieme, è la incompossibilità delle dimensioni
di uno et un altro corpo: resta dumque (per quanto
richiede tal raggione) che dove non sono le dimensio-
ni de l uno, possono essere le dimensioni de l altro. Se
questa potenza vi è, dumque il spacio in certo modo è [ Pobierz caÅ‚ość w formacie PDF ]
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